Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, questa settimana studieremo insieme le locuzioni prepositive, queste espressioni sono molto usate, è quindi importante conoscerne il significato ed è un ulteriore approfondimento sull’uso delle preposizioni.
Buona lettura!
Prof. Anna
Le locuzioni prepositive sono espressioni fisse formate da più parole, che equivalogono a una preposizione.
Le locuzioni prepositive possono essere formate da:
→ locuzione avverbiale + preposizione, vediamone alcune:
- in cima a: siamo arrivati in cima al monte;
- in capo a: ti seguirei in capo al mondo;
- in mezzo a: non mi piace stare in mezzo alla gente;
- in base a: significa sul fondamento di, tenendo conto di: in base alle tue necessità, possiamo cambiare destinazione;
- in quanto a: significa per ciò che riguarda con significato restrittivo: in quanto a simpatia non ti batte nessuno!;
- in confronto a (=a paragone di, rispetto a): in confronto a te, io sono altissima!;
- in cambio di (=al posto di): ti do questo libro in cambio di quel cd, che ne dici?;
- a dispetto di (=malgrado, nonostante): partiremo comunque, a dispetto della pioggia;
- a forza di: indica l’insistente ripetizione di uno o più atti: a forza di provarci, ce l’hai fatta!;
- a favore di: essere a favore di qualcosa = approvare qualcosa: sono a favore del voto elettronico; votare a favore di qualcuno = dimostrare col voto di volere l’elezione di qualcuno: abbiamo votato a favore di questo candidato;
- (fare) a meno di: significa fare senza qualcosa, privarsene: se non verrai, faremo a meno del tuo aiuto;
- a proposito di: a proposito di quel che ti ho detto ieri, vorrei chiederti scusa;
- nel mezzo di: significa nella parte centrale ma anche nel momento centrale: se n’è andato nel bel mezzo della riunione;
- al pari di (=come): siamo abili al pari di lui;
→ verbo o avverbio accompagnato da preposizione:
- a partire da: significa cominciando a calcolare da: a partire da oggi smetterò di fumare;
- a prescindere da: significa non considerando, lasciando da parte: a prescindere da quello che pensi, so di aver fatto la scelta giusta;
- contrariamente a: verrà anche lui, contrariamente a quello che mi aveva detto;
- diversamente da: diversamente da quello che pensi, Marco è un bravo ragazzo.
Seleziona la risposta corretta fra le opzioni disponibili. Al termine premi il pulsante "Correggi esercizio": vedrai le risposte giuste evidenziate in verde e quelle sbagliate in rosso.
10/10
Gli esercizi non gli ho trovati abbastanza difficili, so che se volesse emh!!!
gracie per del mail
Ciao Orio, benvenuto su Intercultura blog!
A presto
Prof. Anna
Tre errori , tre orrori?
Grazie tante per questa possibilità di praticare nostre difficoltà
A presto Prof. Anna
Grazie prof. Anna!
Questa aula me hai lucidato diverse dubi.
Maria Nicola
Cara Maria Nicola, sono felice che il blog ti sia servito per risolvere alcuni dubbi. Se hai domande non esitare a scrivermi.
A presto
Prof. Anna
cara prof Anna,può spiegarmi la differenza tra locuzioni prepositive e preposizioni improprie?
grazie in anticipo per la disponibilità
Cara Greta, le preposizioni improprie sono parole (avverbi, aggettivi, participi verbali) che possono essere utilizzate come preposizioni, mentre le locuzioni prepositive (https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2016/06/09/le-locuzioni-prepositive/) sono espressioni fisse formate da più parole, che vengono usate con funzione di preposizione, che è principalmente quella di mettere in relazione due elementi della frase. Spero di aver chiarito il tuo dubbio.
A presto
Prof. Anna
Prof. Anna,
nell’uso della locuzione prepositiva “in quanto a”, le chiedo che differenza c’è e quando bisogna usare “in quanto a” e quando “in quanto alla”.
Ad esempio, nell’esempio riportato nell’articolo “in quanto a simpatia non ti batte nessuno”, è errato dire “in quanto alla simpatia non ti batte nessuno”?
Così nella seguenti frasi bisogna usare “in quanto a” o in quanto alla” o è possibile usare entrambe le forme? Che differenza c’è?
1) Così si è poco credibili in quanto a/alla genuinità del messaggio che si vuole far passare.
2) In quanto a/alla genuinità dei prodotti ci sarebbe da dire.
Grazie.
Doxos
Caro Doxos, si tratta di un’espressione cristallizzata e quindi si può usare con la preposizione semplice in tutte le frasi che mi scrivi, quando il nome che segue la preposizione è accompagnato da un complemento di specificazione (come nelle frasi che mi scrivi) è possibile e corretto usare anche la preposizione articolata.
Un saluto
Prof. Anna
Grazie…se non ci fosse lei!
Prof.ssa Anna, non conocevo queste alocuzioni veramente . Sono stati begli esercizi entrambe due. La seguo da sempre e imparo i temi dalle sue correzioni fate a noi studenti. Sra. Bardi.
Cara Maria Cristina, mi fa molto piacere che tu abbia avuto la possibilità di scoprire le locuzioni prepositive su questo blog. Se hai qualche dubbio non esitare a scrivermi.
A presto
Prof. Anna
Salve , è giusto il mio ragionamento riguardo all’espressione ” in senso lato ” ?
La locuzione ‘’ in senso lato ‘’ ha molteplici significati , ecco , direi proprio di interpretarla non ‘’ in senso stretto ‘’ , ma puramente ‘’ in senso lato ‘’ … Tuttavia , il termine (in senso lato) , all’interno di una frase , si utilizzerebbe estensivamente per conferire ad una determinata parola oppure ad un intero costrutto un significato molto più ampio rispetto al suo principio , appunto estensivo , quasi per facilitare il lettore , non confonderlo e per far sì che non si limiti ad una interpretazione letterale di una certa parola , ma , al contrario , che ne osservi e ne apprenda le più piccole sfaccettature ( premetto di aver notato il significato della locuzione ‘’ in senso lato ‘’ non solo in determinati contesti proposizionali
, ma soprattutto in numerosi proverbi e modi di dire , i quali , altrimenti , difficilmente si capirebbero . Partirei da alcuni
esempi :
1) Formare significa , in senso stretto (quindi in senso puramente letterale e come termine primo) , dare una forma , plasmare , modellare , quasi costruire qualcosa ; in senso lato , al contrario , significa creare nuove conoscenze e consapevolezza . Ad esempio : ‘’ Ho formato Marco in senso lato ‘’ significherebbe che ho impartito lui numerosi insegnamenti per renderlo uno cittadino modello .
2) La parola ‘’ Bufala ‘’ , originariamente e in senso stretto , avrebbe il significato di burla , cioè sinonimo di scherzo , mentre , in senso lato , avrebbe l’accezione di ‘’ notizia inventata ‘’ .
3) ‘’ Marco è un ragazzo in gamba ‘’ : come significato primo indica che gode di ottima salute , mentre in senso lato che possiede delle indubbie qualità ( intelligenza , abilità ,ecc ) .
4) ‘’ Marco mi spiccia casa ‘’ : letteralmente significa che Marco mi fa le pulizie a casa , ma in senso lato , quindi come termine di paragone , che egli non è all’altezza rispetto a me in un determinato campo o , perlopiù , in generale .
5) ” Il gatto è un felino ” , in senso stretto , significherebbe che è un mammifero , quadrupede , dotato di vibrisse e con il muso ‘’schiacciato ‘’ ; dire invece che ” il gatto è un felino in senso lato ” , al contrario , significherebbe che è un abilissimo predatore , agile , autonomo , ecc …
6) la gatta frettolosa ha fatto i micini ciechi.
Il senso stretto è chiaro, vuol dire che i gattini sono nati ciechi (ma non significa niente), mentre il senso lato del detto è quello secondo cui le cose fatte di fretta escono male.
CHE NE PENSA ?
Caro Giacomo, gli esempi che mi proponi sono corretti.
A presto
Prof. Anna
Mi sono renduto conto che alcune frasi hanno una lettera extra per ragioni fonnetiche credo. Ad esempio: Ho un «ispunto» per la verifica di domani. Ciò capita delle volte oppure con certe parole? Como si chiama questo fenomeno gramaticale? Ce n’é delle regole? Grazie in anticipo! La saluto!
Caro Gabriel, la tua ipotesi è corretta, è proprio per ragioni eufoniche che quando una parola comincia per s impura, cioè “s” seguita da consonante come “Spagna”, “Svizzera”, “scritto”, “spiaggia”, e la parola prima di questa finisce per consonante, come “in” o “per”, si aggiunge all’inizio della parola una “i”: “in Ispagna”, “per iscritto”. Lo scopo è di rendere più gradevole la pronuncia. L’uso di questa “i” eufonica (che si chiama “prostetica”) sta però scomparendo.
Un saluto
Prof. Anna
Salve Prof. Anna
Mi sa spiegare qual è il senso della locuzione “mi sa”? La faccio un esempio: “Ora vado a casa aspetto la mia collega che mi sa un passaggio con la macchina”. Non ho capito bene il senso della locuzione in questa frase.
Caro Joao, la locuzione “mi sa che” significa “mi sembra che, ho l’impressione che” (mi sa che non verrò), ma non è corretto usarla nel periodo che mi scrivi, credo che al suo posto ci dovrebbe essere “mi dà” (mi dà un passaggio).
Un saluto
Prof. Anna
Cara prof. Anna,
potrebbe spiegarmi che tipo di locuzione e’ ” essere a conoscenza di ” – e’ una locuzione prepositiva?
Non si puo sostituirla con una preposizione semplice ,dunque forse non e’ una locuzione prepositiva ma qualcosa altro?
Sono confuso. Lei potrebbe illuminarmi su questo?
Grazie in anticipo!
Rajmund
Caro Rajmund, “essere a conoscenza di” è una locuzione verbale, cioè un predicato unito a un sintagma di vario genere. “Essere a conoscenza di” significa “possedere informazioni su qualcosa”.
Un saluto
Prof. Anna
Cara Professoressa,
grazie per la sua cortese riposta!
Mi ha aiutato molto.
A presto ,
Rajmund
Cara Prof. Anna,
“tutto d’un fiato” sarebbe una locuzione avverbiale?
Se è vero, “tutto” sarebbe invariabile.
Però si legge:
“Dai, bevi questa grappa tutto d’un fiato”
ma anche:
“Lo so che la medicina è amara, tu bevila tutta d’un fiato.”
La 2. frase è corretta per ragioni eufoniche?
Grazie
Caro Andree, “tutto d’un fiato” è una locuzione avverbiale, formata però da un elemento (tutto) che concorda (bevi la medicina tutta d’un fiato, bevi questa grappa tutta d’un fiato).
Un saluto
Prof. Anna
Grazie prof.,
per la precizione
la frase “bevi questa grappa tutto d’un fiato”
è anche corretta ?, “tutto” riferendosi al verbio bere ?
grazie
Caro Andree, è necessario concordare “tutto” con “grappa”: “bevvi questa grappa tutta d’un fiato”.
A presto
Prof. Anna
Gentile prof. Anna,
Non capisco bene la differenza tra “in mezzo a” e “nel mezzo di”, quando si usa ciascuna di esse? È possibile dire “in mezzo” o “nel mezzo” senza distinzione?
La ringrazio anticipatamente per le sue risposte.
Cordiali saluti
Caro José, la locuzione “in mezzo a” significa “tra, fra” (la statua è in mezzo a due colonne; mi piace stare in mezzo alla gente) anche in senso figurato (viveva in mezzo alle sofferenze), può significare anche “al centro” (il letto è in mezzo alla stanza); “nel mezzo di” significa “nella parte centrale” ed è usato soprattutto col significato di “il momento centrale di qualcosa che ha una durata nel tempo” (siamo nel mezzo di una crisi, se n’è andato nel bel mezzo dello spettacolo). Spero di aver chiarito il tuo dubbio.
A presto
Prof. Anna
Grazie mille. Apprezzo molto il suo aiuto.
Il verbo “provarci”:
Intanto “provarci”, con il senso di “cercare, tentare, avere il coraggio di fare qualcosa”, è un verbo procomplementare, in cui la particella pronominale “ci” ha sia un valore intensivo e rafforzativo, sia, unendosi saldamente al verbo di base (che sarebbe “provare”), e modificandone sensibilmente il significato, un valore grammaticale e sintattico: e cioè di pronome dimostrativo, e con il significato di “ciò”, e quindi “provare a fare ciò, qualcosa”:
1) “Provaci, e vedrai quello che ti succede!”: e cioè “Prova a fare ciò, e vedrai quello che ti succede!”.
2) “Almeno ci ho provato!”: e cioè “Ho provato a fare ciò almeno!”
Penso sia corretto, professoressa…
Caro Filippo, è tutto corretto.
Salve di nuovo, ho un altro esempio con il verbo procomplementare “provarci”:
1)”Ci provai con te in passato…”
Nella nostra frase il verbo è il procomplementare “provarci” con il significato, gergale, di “cercare il consenso, quindi intimità con una persona del sesso opposto”. Ah, i verbi procomplementari, come scrissi in un altro post, sono delle forme verbali in cui un verbo si unisce stabilmente con una o due particelle pronominali o avverbiali; e a differenza di quanto accade nei verbi riflessivi, il pronome o non svolge alcun ruolo sintattico, cioè non è né complemento oggetto né complemento di termine, ma è parte integrante del verbo stesso, o la particella pronominale può avere un valore intensivo, esprime cioè partecipazione affettiva, e con valore rafforzativo; oppure, in altri casi, le particelle pronominali, unendosi saldamente al verbo di base, e quindi le particelle assumerebbero un valore grammaticale e sintattico, ne modificano sensibilmente il significato. Nel nostro esempio la particella “ci” è parte integrante del verbo e non svolge né alcun ruolo sintattico (complemento oggetto o complemento di termine) e non ha neanche valore intensivo (e cioè non esprime partecipazione affettiva) e rafforzativo.
Penso sia corretto e completo
Caro Filippo, è corretto.
Espressioni “In senso lato (detto anche “In senso figurato” o “In senso estensivo”)” e “In senso stretto (detto anche “In senso proprio” o “In senso letterale”)”:
Le parole possono avere un significato proprio, di base, che indica in modo preciso una persona, un animale o un oggetto, quindi diremo “In senso stretto, proprio, letterale”. Le stesse parole, viceversa, possono avere anche un significato figurato, legato sì al significato di base, ma usato per fare dei paragoni, delle similitudini, quindi “In senso lato, figurato, estensivo”. Per intenderci, facciamo qualche esempio. Il significato proprio o letterale, quindi “In senso stretto, di “montagna” è“rilievo della superficie terrestre” ma se io dico “Oggi ho una montagna di compiti da fare“, intendo, “In senso lato”, e quindi “In senso figurato, estensivo o metaforico”, che oggi ho tantissimi compiti da fare. Chiaramente, la parola “montagna” ha così adottato un significato un po’ particolare, diverso da quello solito: è usata “In senso lato, figurato, metaforico, estensivo”.Si possono fare molti esempi. Eccone un altro: “Quella lumaca di mia sorella non è ancora pronta!”; anche in questa frase la parola “lumaca” non è usata con il suo significato letterale, in senso stretto: e cioè di “Nome com. dei Molluschi Gasteropodi Polmonati forniti di conchiglia solo rudimentale, appartenenti alle famiglie degli Arionidi e dei Limacidi”; ma dire “Quella lumaca di mia sorella…” significa voler esprimere il fatto che mia sorella è una persona molto lenta. E ancora: “Mario è una volpe”, chiaramente non vuol dire che Mario si è trasformato in un animale ma che è molto astuto, proprio come una volpe. In finale, la differenza tra la locuzione ‘’In senso lato (o figurato, ecc)’’ e “In senso stretto (o proprio, ecc)” sta nel fatto che il termine “In senso lato”, rispetto alla locuzione “In senso stretto”, all’interno di una frase si utilizzerebbe estensivamente per conferire ad una determinata parola, oppure ad un intero costrutto, un significato molto più ampio rispetto al suo principio (rispetto quindi al suo “senso stretto e letterale”), appunto estensivo, lato, quasi per facilitare il lettore, non confonderlo, e per far sì che non si limiti ad una interpretazione letterale, quindi “in senso stretto”, di una certa parola, ma, al contrario, che ne osservi e ne apprenda le più piccole sfaccettature.
Penso sia tutto corretto
Caro Filippo Maria, è tutto corretto.
1)”Ci passo sopra”
1)”Ti verso l’acqua sulle mani”
…Dunque, nella prima frase se per “ci”, in questo caso con valore di pronome dimostrativo, intendessimo “su ciò”, allora l’avverbio “sopra” risulterebbe sì a suo agio, ma comunque rafforzativo: e infatti “su ciò” (e quindi “ci”) equivarrebbe a “sopra ciò” (ripetendo perciò l’avverbio “sopra”), ragion per cui è come se dicessimo: “Passo sopra su ciò (ci)”, non il massimo della chiarezza. Al contrario, se per “ci”, sempre con valore di pronome dimostrativo, intendessimo però “a ciò”, allora l’avverbio “sopra” si troverebbe a suo agio, perché è come se dicessimo: “Passo sopra a ciò (ci)”. Per quanto riguarda il significato della frase, la locuzione verbale “Passare sopra” significa “lasciar correre, perdonare, dimenticare”. Tuttavia, la stessa locuzione avrebbe il medesimo significato se invece di “passare” usassimo il procomplementare “passarci’, verbo in cui il pronome (“ci”) sarebbe parte integrante del verbo stesso, quindi della sua coniugazione. Nel secondo esempio, la preposizione articolata “sulle” è formata da “su”, preposizione semplice, + “le” articolo determinativo. È come se dicessimo “Ti verso l’acqua sopra le mani”, infatti, in alcuni casi, ma non in tutti, “sul” si alterna con “sopra” senza sostanziali differenze d’uso, talora con qualche diversità di tono e di efficacia espressiva. Un altro esempio: “Dove è il gatto?” “Il gatto è sopra il tavolo”, “Il gatto è sul tavolo”, ecc. Certamente, per logica, quando usiamo “sul”, ad esempio, dobbiamo dire sempre su che cosa è sopra (“Sulle mani”, come nella seconda frase). “Sulle” da solo non sopravviverebbe. Diversamente, possiamo usare “sopra” da solo, nel caso che sia sottointeso il posto: “Il gatto è sul tavolo?”, “Sì il gatto è sopra (il tavolo)”; oppure “Ti verso l’acqua sopra (le mani)?”.
Penso sia corretto
Cara Michela, interpreterei la prima frase così: “passo sopra a questa cosa”; il resto è corretto.
Quindi mi vien da pensare che sia corretta la mia seconda interpretazione rispetto alla prima frase: e cioè che per “ci”, sempre con valore di pronome dimostrativo, dovremmo considerarlo con il significato di “a ciò”, allora l’avverbio “sopra” si troverebbe a suo agio, perché è come se dicessimo: “Passo sopra a ciò, a questa cosa, a quella cosa, ecc (ci)”.
Esatto?
Esatto.
Professoressa, ho un dubbio; nel dizionario coletti c’è scritto che la locuzione “se non” è una locuzione preposizionale; mentre “se non che” è una locuzione congiuntiva. Ora, per quanto riguarda la seconda, siamo d’accordo: infatti “se non che” è una locuzione congiuntiva perché ha nel suo insieme la funzione di congiunzione, e non a caso è presente la congiunzione “che”. D’altronde, sempre come locuzione congiuntiva, ha il significato di “fuorché”, e introduce frasi dipendenti (subordinate) eccettuative: o implicite, con il verbo all’infinito o al gerundio: “Non ti chiedo altro, se non di avere pazienza”; “Non puoi aiutarlo altrimenti, se non standogli vicino”; o esplicite, introdotte da “che” appunto, e con il verbo al congiuntivo, all’indicativo o al condizionale: “Non sperava altro, se non che lo richiamassero” (congiuntivo); “Non so altro, se non che lui verrà domani” e “Non ho visto niente se non che quanto ti ho detto” (indicativo); “Non mi fu comunicato altro, se non che sarei stato trasferito” (condizionale). Al contrario, per quanto riguarda la prima, cioè la locuzione preposizionale “se non” (e quindi con funzione di preposizione), non capisco, ma penso di poterci arrivare con il prossimo ragionamento, come possa avere valore di preposizione se, oltretutto, e fuorché l’avverbio di negazione “non”, che come avverbio può essere presente in varie locuzioni preposizionali, non è presente un elemento che possa funzionare da preposizione. Tuttavia, nel dizionario in questione c’è scritto che “se non” (quindi senza il “che”, altrimenti sarebbe congiuntiva) è appunto una locuzione preposizionale (preceduta giustamente da un’espressione negativa) che equivale a “tranne”, “eccetto”:”Non gli rimase niente (altro), se non la casa al mare”. Allora, per sbrogliare questo dubbio, e ragionando, riesco a notare delle differenze tra “se non”, locuzione preposizionale, e “se non che”, locuzione congiuntiva; nella seconda è presente una congiunzione, il “che”, seguita da determinati tempi e modi verbali (e questo mi è chiaro!); viceversa nella prima ho notato che dopo “se non” potrebbe esserci una preposizione seguita, ad esempio, da un sostantivo: “Ti chiederei di non scrivermi più se non per (ma anche “di”) questioni relative al mio lavoro” (in questo caso la preposizione che segue “se non” è “per” o “di”, rafforzando cosi la locuzione “se non” che diverebbe appunto preposizionale con l’aggiunta di determinate preposizioni come, ad esempio, “per”, “di”, “da”, ecc…); da un pronome: “Non puoi saperlo se non da lui” (in quest’altro caso la preposizione che segue “se non” è “da” rafforzando, anche qui, la locuzione “se non” che diverebbe appunto preposizionale con l’aggiunta di determinate preposizioni come, ad esempio, “da”); oppure dopo “se non” ho notato anche l’assenza di certe preposizioni, ma con la presenza di altri elementi diversi da quelli, per cosi dire, congiuntivi (e cioè che servono a congiungere): “Non gli rimase niente (altro), se non la casa al mare” (dopo “se non” c’è il sostantivo “la casa”), “Non ho visto altri se non lui” (dopo “se non” c’è il pronome “lui”), ecc. Ah, altro fattore importante, che ho notato, è che in tutti questi casi, in cui è presente la locuzione preposizionale “se non”, spesso il verbo si elide anziché ripetersi: “Non ho visto altri se non lui” (è come se dicessimo “Non ho visto altri se non ho visto lui”); “Ti chiederei di non scrivermi più se non per questioni relative al mio lavoro (è come se dicessimo “Ti chiederei di non scrivermi più se non scrivermi per, o “di”, questioni relative al mio lavoro”); e ancora “Non gli rimase niente (altro), se non la casa al mare” (è come se dicessimo “Non gli rimase niente altro, se non gli rimase la casa al mare”); come può elidersi anche il pronome indefinito: “Non ha visto altri se non lui” (è come se dicessimo “Non ha visto se non lui”, in cui il pronome “altri” è omesso). In questo prossimo esempio, d’altro canto, è corretto usare “se non che”: “Moccia è troppo scaltro per aspettarsi il plauso universale. Per non sapere che altro non si può commentare se non che l’adolescenza in circolazione non è tutta così decerebrata com’egli la racconta («La Repubblica» 30 ottobre 2009)”; e non “se non”, quindi potenziale locuzione preposizionale, perché, a dispetto del fatto che il sostantivo “adolescenza” venga subito dopo la locuzione congiuntiva “se non che”, in realtà è come se dicessimo, invertendo l’ordine delle parole: “…se non che non è tutta così decerebrata, com’egli racconta, L’ADOLESCENZA in circolazione”: infatti, in questo esempio, ci troviamo di fronte ad una subordinata eccettuativa con il verbo all’indicativo “è”. In altri contesti, invece, se la subordinata eccettuativa fosse implicita, la preposizione “di” (in “se non di”) risulterebbe presente di fronte ad alcuni infiniti e meno di fronte ad altri: “Non ricordano altro, se non di aver cercato di salvare la compagna e di essersi ritrovate poco più tardi distese sul lettino di un’ambulanza («Corriere della sera» 20 febbraio 2000)”, ma “Il governo non sapeva cosa fare se non (di) rimandare al maxiemendamento («La Repubblica» 27 ottobre 2002)” e “Non posso fare altro se non partire” (e non *”…se non di partire”); o di fronte all’inifinito di un verbo pronominale: “Non può fare altro se non dimettersi” e non* “… se non di dimettersi”. Tornando alla locuzione preposizionale “se non”, probabilmente lo è, come ho dedotto, in quanto sono presenti delle preposizioni, che si uniscono alla locuzione “se non” divenendo così preposizionale: “Non puoi saperlo se non da lui” (in questa “da” è una preposizione che si unisce alla locuzione preposizionale “se non”: ecco perché ha valore preposizionale). D’altronde le locuzioni preposizionali, in generale, sono nessi formati dall’unione di avverbi e preposizioni, di sostantivi e di preposizioni o di gruppi preposizionali; e nella locuzione preposizionale “se non” (+ altre preposizioni) c’è l’avverbio “non” che si unirebbe a determinate preposizioni: “Non puoi saperlo se non da lui” (infatti “non” è un avverbio + la preposizione “da”). Ah, si scrive “relativo a” e non “relativo il”, quindi “Ti chiederei di non scrivermi più se non per questioni relative AL mio lavoro” e non *”..relative IL mio lavoro”.
Penso sia tutto giusto
Caro Filippo Maria, molti dizionari la definiscono sia come locuzione congiuntiva sia come preposizionale.