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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, si può dire le genti? E i latti? Esiste il singolare la forbice? Scopriamolo insieme in questo articolo.
Buona lettura!
Prof. Anna
Alcuni nomi sono detti difettivi (cioè mancanti) del plurale o del singolare e di conseguenza si usano quasi esclusivamente nella forma singolare o in quella plurale. I motivi di queste restrizioni vanno ricercati volta per volta nel significato delle parole, nelle caratteristiche dell'oggetto cui il nome si riferisce, nel contesto d'uso e così via.
NOMI DIFETTIVI DI PLURALE
Si usano di solito solo al singolare:
- i nomi che si riferiscono a oggetti o entità unici in natura: l'equatore, l'est, l'ovest, l'universo (anche se è possibile usare il plurale universi: la teoria degli universi paralleli o usato in senso metaforico: studiare filosofia mi ha aperto nuovi universi) ecc.;
- la maggior parte dei nomi di malattia: il tifo, il colera, la malaria, il morbillo, la rosolia, il vaiolo ecc.;
- i nomi degli elementi fisici e dei metalli: l'alluminio, l'argento, il ferro, l'oro, l'ossigeno, lo zolfo, il mercurio, il bronzo ecc.;
- i nomi dei mesi: gennaio, febbraio, marzo ecc.
- alcuni nomi di festività: il Natale, la Pasqua, il Ramadan;
- i nomi collettivi (nomi che si riferiscono a gruppi di cose o esseri animati percepiti come entità uniche; questi nomi richiedono infatti l'accordo al singolare con un eventuale predicato): la gente, la prole, il fogliame, la roba ecc.;
- nomi non numerabili (che indicano cioè entità al cui interno non si possono individuare i singoli componenti): il sangue, il cemento; molti di questi si riferiscono a prodotti alimentari: il grano, il latte, il riso, l'orzo, il miele, il pane, la carne. il pepe, il sale, il vino, il cioccolato, l'acqua ecc.;
- in generale i nomi astratti: l'amore, il coraggio, la pietà, l'onore, la pazienza ecc.
L'uso di alcuni di questi nomi difettivi come plurali può determinare un cambio di significato:
- il nome gente si adopera al plurale genti nel senso di popoli, popolazioni: la storia delle antiche genti italiche;
- alcuni nomi di metalli, usati al plurale, cambiano significato e designano oggetti fatti con quel materiale, cioè oggetti lavorati in oro o argento o bronzo ecc.: gli ori (= i gioielli d'oro) egiziani, i bronzi (= statue in bronzo) di Riace, gli ottoni (= strumenti musicali) dell'orchestra, gli argenti (= gli oggetti in argento) della famiglia, il plurale ferri significa attrezzi, utensili: i ferri del mestiere;
- alcuni nomi di alimenti diventano plurali quando ci si riferisce a un tipo particolare di prodotto: i mieli di montagna, i latti vegetali, le carni rosse, i vini francesi ecc.;
- i nomi astratti possono assumere al plurale indicano un genere specifico (come per i nomi di alimenti): gli amori giovanili;
- il nome aria può essere usato al plurale nel significato musicale (pezzo per voce e orchestra ): il tenore ha cantato due arie pucciniane; si usa inoltre al plurale nella locuzione figurata darsi delle arie (darsi importanza): non la sopporto perché si dà un sacco di arie;
- il plurale fiati (singolare fiato) indica gli strumenti a fiato (gli strumenti musicali in cui il suono è prodotto dalle vibrazioni di una colonna d’aria eccitata dal soffio del suonatore come tromba, flauto, clarinetto ecc.).
NOMI DIFETTIVI DI SINGOLARE
Si usano di solito solo al plurale:
- i nomi che indicano oggetti formati da due parti uguali: le forbici, le cesoie, gli occhiali, le manette, le redini, le pinze, le bretelle, le mutande, i calzoni (o i pantaloni);
- i nomi che indicano una pluralità di cose o di azioni: le spezie, le stoviglie, le vettovaglie, i viveri, le viscere (o i visceri), i dintorni, le vicinanze;
- alcuni nomi di origine dotta, che già in latino non avevano il singolare: le ferie, le calende, le idi, le nozze, i fasti, le esequie, le tenebre, i posteri, i penati;
- è solo plurale, o dovrebbe esserlo nel suo uso più corretto, anche le assise che significa assemblea di alte personalità.
Anche in questo caso molti nomi difettivi presentano anche la forma mancante, con varie sfumature di significato:
- i nomi che indicano vestiti o oggetti dell’abbigliamento (pantaloni, calzoni, occhiali) spesso sono usati al singolare per riferirsi a un singolo paio, un singolo modello: preferisco un pantalone sportivo, quell'occhiale ti sta proprio bene. Nel parlato e nello scritto di livello colloquiale oggi è diffuso (di solito con uso ironico) anche il singolare mutanda. Il singolare bretella indica il raccordo, il collegamento fra due strade di grande comunicazione o fra due autostrade: la bretella autostradale;
- il singolare forbice si usa con il significato figurato di distanza, differenza, scarto: andamento a forbice o la forbice (= andamento di due fenomeni, specialmente economici, che divergono vistosamente l'uno rispetto all'altro nel loro andamento quantitativo: la forbice dei prezzi, tra quelli all'ingrosso e quelli al minuto).
[post_title] => I nomi difettivi
[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, si può dire le genti? E i latti? Esiste il singolare la forbice? Scopriamolo insieme in questo articolo.
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Intercultura blog, la
lingua dei giornalismo è caratterizzata da uno stile e da un lessico particolari. Vediamoli insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
STILE GIORNALISTICO
La lingua usata dai giornalisti ha come scopo principale quello di essere comprensibile al grande pubblico, per questo motivo la scrittura deve essere
semplice e
chiara, evitando periodi troppo complessi e l'uso di troppi aggettivi e avverbi.
Spesso per velocizzare il ritmo o, soprattutto nei titoli, per usare meno spazio, il verbo principale viene omesso; questo tipo di formulazione può essere adatta a un articolo di cronaca, ma non ad articoli di fondo o di costume o a un reportage.
Per soddisfare appieno la curiosità del lettore l'
informazione deve essere il più possibile
completa, per fare questo ci sono sei domande principali a cui tutti gli articoli devono dare una risposta: chi? (
who?); quando? (
when?); dove? (
where?); perché? (
why?) ; cosa? (
what?) ; come? (
how?).
Una delle parti più importanti di un articolo è l'
attacco (chiamato anche
lead), cioè la parte iniziale che deve catturare l'attenzione del lettore e che fornisce gli elementi principali della notizia, ovvero rispondere alle sei domande principali.
PAROLE DEL GIORNALISMO
Chi lavora in questo settore utilizza un lessico specialistico. Capita spesso anche a noi di imbatterci in queste parole ma non sempre ne conosciamo il significato.
Vediamone alcune:
- testata → la parte superiore della prima pagina di un giornale o di altra pubblicazione periodica, comprendente il titolo e le altre indicazioni necessarie, come contrassegno del periodico stesso; si usa anche per indicare il giornale stesso o la stessa trasmissione televisiva o radiofonica (è una testata indipendente; una testata ad alta tiratura);
- quotidiano → giornale che viene pubblicato ogni giorno;
- tabloid → quotidiano di formato ridotto, circa la metà dei quotidiani tradizionali, che presenta le notizie in forma concisa con il supporto di molto materiale fotografico;
- inserto → in un giornale, quotidiano o periodico, fascicolo dedicato a un argomento specifico, stampato a parte e inserito periodicamente come supplemento (l’inserto del lunedì, l’inserto sulla salute);
- tiratura → il numero complessivo delle copie stampate (la tiratura di un grande giornale supera le centinaia di migliaia di copie);
- cronaca → rubrica giornalistica sugli eventi nazionali e internazionali di maggior interesse, resoconto giornalistico di argomento circoscritto. La cronaca nera si occupa di delitti, furti e crimini in generale; la cronaca bianca è la parte di cronaca che si occupa dei problemi politico-sociali della città; la cronaca rosa riguarda la vita privata dei personaggi famosi, specialmente con riferimento alle vicende sentimentali; la cronaca cittadina è relativa ai fatti e ai problemi della città in cui viene pubblicato un determinato giornale;
- servizio → articolo, filmato, reportage fotografico su un fatto di cronaca, di attualità, di mondanità di un certo rilievo (servizio di moda, servizio di cronaca nera);
- inchiesta → indagine ampia e approfondita nei riguardi di un fatto importante (svolgere un'inchiesta);
- reportage → servizio giornalistico realizzato da un cronista (redattore addetto ai servizi di cronaca di un giornale), da un corrispondente (incaricato di un giornale, di un’emittente televisiva o radiofonica che invia regolarmente alla sede centrale notizie, articoli o servizi dal luogo in cui risiede o si è appositamente recato) o da un inviato speciale (giornalista mandato in una località perché riferisca su avvenimenti di grande importanza), reportage di guerra;
- editoriale → articolo su un argomento di attualità, firmato solitamente dal direttore,
che si trova in prima pagina, in alto nella colonna di sinistra, rappresenta la posizione
della redazione su quell'argomento;
- articolo di fondo (fondo) → articolo che apre il giornale dedicato a un importante avvenimento del giorno e affidato a un giornalista affermato;
- apertura → è la notizia di prima pagina, la principale o, nei tg, la prima notizia;
- rassegna stampa → raccolta di articoli di diverse testate su uno stesso argomento;
- comunicato stampa → comunicazione ufficiale diramata alle sedi dei giornali da enti, istituzioni, partiti politici perché venga pubblicata;
- agenzia di stampa → organizzazione che fornisce a giornali, a privati, a enti pubblici, per lo più in abbonamento, notizie di carattere politico, commerciale e simili;
- refuso → errore di stampa o di battitura;
- firma → il nome dell'autore di un articolo. Può indicare anche
un giornalista molto affermato (questo articolo è di una delle più prestigiose firme della stampa italiana).
Ve ne vengono in mente altre? Scrivetele nei commenti.
Altri articoli su questo argomento:
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2011/11/17/il-linguaggio-giornalistico/
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Intercultura blog, le parole in italiano si possono formare in diversi modi, uno di questi è la
prefissazione. Vediamo come funziona.
Buona lettura!
Prof. Anna
Il lessico italiano è formato da parole semplici (non derivate da nessun'altra parola) e parole derivate, che sono formate mediante
l'aggiunta di un suffisso (
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2017/10/19/la-formazione-delle-parole-i-suffissi-prima-parte/;
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2017/11/30/la-formazione-delle-parole-i-suffissi-seconda-parte/;
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2018/02/08/la-formazione-delle-parole-i-suffissi-terza-parte/;
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2018/04/26/la-formazione-delle-parole-i-suffissi-aggettivi-da-nomi/ ) o mediante
l'aggiunta di un prefisso.
La prefissazione è un processo linguistico volto a derivare parole da altre parole. Consiste nell'aggiungere un morfema (unità linguistica provvista di significato) detto prefisso all'inizio di una parola per formarne un'altra. Il significato della parola cambia, ma non la categoria di appartenenza della parola: dopo l'inserimento del prefisso il nome rimane nome, l'aggettivo rimane aggettivo, il verbo rimane verbo:
- pasto (nome) ⇒ antipasto (nome)
- comunitario (aggettivo) ⇒ extracomunitario (aggettivo)
- vincere (verbo) ⇒ stravincere (verbo)
Eccezioni!
Fanno eccezione alcuni nomi che, con l'aggiunta del prefisso
anti-, formano degli aggettivi: droga ⇒ antidroga; intrusione ⇒ antintrusione; missile ⇒ antimissile; nebbia ⇒ antinebbia; scippo ⇒ antiscippo.
Si distinguono tre generi di prefissi:
- prefissi che specificano la collocazione spazio-temporale
- prefissi intensivi
- prefissi negativi
Oggi vedremo la prima di queste categorie.
I
prefissi che indicano una collocazione nello spazio e nel tempo derivano da preposizioni e avverbi e determinano, almeno nel significato originario, la collocazione spazio-temporale dell'elemento a cui si aggiungono; in alcuni casi il riferimento allo spazio è da considerarsi figurato. I principali sono:
- avan(ti)-, ante-, anti-, pre- ⇒ esprimono anteriorità spazio-temporale: avantielenco, anteguerra, antipasto, preavviso;
- circum-, anfi-, peri- ⇒ significano intorno: circumnavigazione, anfiteatro, pericardio;
- cis- ⇒ significa al di qua: cisalpino;
- con- ⇒ (co- davanti a parole che cominciano per vocale: coabitazione, col- davanti a parole che cominciano con l: collaterale; com- davanti a parole che cominciano con p: compatriota; cor- davanti a parole che cominciano con r: correo) e sin- significano insieme: connazionale, sincrono, sintonia;
- extra-, fuori- ⇒ indicano esteriorità: extraurbano, fuoristrada;
- inter- ⇒ significa in mezzo: intercostale; da questo significato fondamentale si è sviluppato quello di associazione, comunanza: interdisciplinare; si può avere in molti casi uno specifico valore di reciprocità: intercambiabile;
- intra-, entro-, endo- ⇒ significano all'interno: intramuscolare, entrobordo, endoscopio.
Nel prossimo esercizio dovrete trovare le parole (sostantivi, aggettivi, verbi) che corrispondono alle definizioni; può essere d'aiuto consultare il vocabolario.
Una volta completato e corretto l'esercizio, provate a formare una frase con ognuna delle parole.
[post_title] => La formazione delle parole: i prefissi spazio-temporali
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[post_content] => Il prossimo esercizio è sull'uso dei pronomi reciproci
l'uno e l'altro. Se volete ripassare questo argomento prima di fare il test, leggete il seguente articolo:
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2020/10/01/uso-dei-pronomi-reciproci-luno-e-laltro/
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proposizioni comparative. Per ripassarle potete leggere questo articolo:
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2020/10/08/la-frase-complessa-le-proposizioni-comparative/
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Intercultura blog, è il momento di
ripassare gli argomenti trattati nelle ultime settimane, un'occasione per
mettersi alla prova e, se necessario,
rileggere gli articoli pubblicati di recente.
Buon test!
Prof. Anna
Quanto vi ricordate del lessico legato al mondo scuola?
Scopritelo col prossimo esercizio, se volete prima fare un rapido ripasso, leggete questo articolo:
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2020/09/17/le-parole-della-scuola/
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, è il momento di ripassare gli argomenti trattati nelle ultime settimane, un'occasione per mettersi alla prova e, se necessario, rileggere gli articoli pubblicati di recente.
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Intercultura blog, oggi parliamo delle
proposizioni comparative: come si presentano, cosa esprimono e come si usano.
Buona lettura!
Prof. Anna
La proposizione comparativa stabilisce una comparazione, un paragone con quanto si dice nella proposizione reggente. La collocazione delle comparative è solitamente dopo la reggente (come il secondo termine di paragone); la sua anticipazione può essere giustificata da una marcata enfatizzazione.
Si distinguono tre tipi:
COMPARATIVE DI MAGGIORANZA
Possono essere esplicite o implicite (solo quelle di maggioranza hanno forma implicita, le comparative di minoranza e uguaglianza hanno solo forma esplicita).
Le comparative di maggioranza esplicite sono introdotte dalla congiunzione
che e dalle locuzioni
di quanto,
di quello che,
di come; mentre nella reggente sono presenti i termini correlativi
più o
meglio.
Il modo verbale può essere:
- l'indicativo: ha studiato più di quanto pensavo, è andata meglio di come mi aspettavo;
- il congiuntivo: ha studiato più di quanto immaginassi, è andata meglio di come mi aspettassi;
- il condizionale: ha studiato più di quanto avrei immaginato, è andata meglio di come mi sarei aspettato.
La scelta del modo verbale è nella maggior parte dei casi legata al registro: il congiuntivo prevale nei contesti più formali, l'indicativo in quelli più colloquiali, il condizionale indica invece una possibilità ipotetica. Questo vale sia per le comparative di maggioranza sia per le comparative di minoranza.
Le comparative di maggioranza implicite hanno il verbo all'infinito e sono introdotte da
più che:
più che cantare, urla;
piuttosto che: piuttosto che uscire con lui, rimango in casa; piuttosto di.
COMPARATIVE DI UGUAGLIANZA
Hanno solo forma esplicita, sono introdotte da
come, quanto, quale e nella reggente compaiono le espressioni correlative
così, tanto, tale. Il modo verbale può essere:
- l'indicativo: questo esercizio non è così difficile come sembra; ho parlato tanto quanto hai parlato tu;
- il condizionale: le cose non sono andate come avrei voluto.
COMPARATIVE DI MINORANZA
Hanno solo forma esplicita, sono introdotte dalla congiunzione
che e dalle locuzioni
di quanto,
di quello che, di come e simili, mentre nella reggente sono presenti i termini correlativi
meno o
peggio. Il modo verbale può essere:
- l'indicativo: ha studiato meno di quanto pensavo; è andata peggio di quanto che mi aspettavo;
- il congiuntivo: ha studiato meno di quanto pensassi; è andata peggio di quanto mi aspettassi;
- il condizionale: è andata peggio di quanto mi sarei aspettato.
USO DEL NON RAFFORZATIVO
Nelle comparative di maggioranza e di minoranza con il verbo al congiuntivo o al condizionale si può aver prima del verbo un
non, che non conferisce valore negativo alla frase, ma ha un semplice valore rafforzativo:
Luca è più veloce di quanto non immaginassi.
[post_title] => La frase complessa: le proposizioni comparative
[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, oggi parliamo delle proposizioni comparative: come si presentano, cosa esprimono e come si usano.
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Intercultura blog, si dice
Mario e Maria si amano l'un l'altro o Mario e Maria si amano l'un l'altra? E cosa succederebbe se il nome femminile venisse prima di quello maschile? Proviamo a fare chiarezza.
Buona lettura!
Prof. Anna
Uno e
altro sono due pronomi indefiniti.
UNO
Il pronome
uno e i suoi composti (ciascuno, nessuno ecc.) non sono mai soggetti a troncamento tranne che davanti ad
altro (nessun altro, qualcun altro).
ALTRO
Il pronome
altro indica l'alterità, ossia la diversa identità di una persona o di una cosa rispetto a un termine di riferimento espresso o sottinteso:
mangio un'altra fetta di torta (oltre a quella, o a quelle, che ho già mangiato);
non ho altro da dire (ulteriori cose, in aggiunta a quelle che ho già detto).
Uno e
altro danno vita a diversi nessi correlativi:
l'uno suonava, l'altro cantava; gli uni arrivavano, gli altri partivano. In frasi affermative, il singolare
uno può anche non avere l’articolo determinativo:
uno cucinava, l'altro apparecchiava.
L'UN L'ALTRO
L'uno e
l'altro possono indicare reciprocità, significando
reciprocamente, a vicenda: Mario e Luca si aiutano l'un l'altro = Mario e Luca si aiutano a vicenda.
Nel caso uno dei due soggetti sia femminile, il pronome concorda al nome a cui si riferisce:
Mario e Lucia si amano l'un l'altra; quel ragazzo e quella ragazza si amano l'un l'altra.
E quando il nome femminile precede quello maschile? Possiamo dire
Maria e Mario si amano l'una l'altro? In questo casi si consiglia di invertire i nomi cui i pronomi si riferiscono, per mantenere la forma
l'un l'altro/a, quindi
Mario e Maria si amano l'un l'altra; quel ragazzo e quella ragazza si amano l'un l'altra. Lo stesso vale per le forme plurali, facendo precedere le forme maschili (gli uni, le altre).
È sempre necessario, anche con le preposizioni, accordare i pronomi di reciprocità al genere dei soggetti di cui si parla, useremo, ad esempio,
l'uno con l'altro se ci si riferisce a due nomi maschili (Marco e Luca si aiutano l'uno con l'altro), nel caso invece di un maschile e un femminile useremo
l'uno con l'altra (Marco e Lia si aiutano l'uno con l'altra).
In presenza di preposizioni entrambi i pronomi possono essere femminili se si riferiscono a due nomi femminili:
Marta e Lucia sono sincere l'una con l'altra e il nome femminile può precedere il maschile
Marta e Luca sono sinceri l'una con l'altro; anche tutte le altre flessioni del pronome si mantengono in presenza di preposizioni:
gli uni degli altri; gli uni per gli altri; le une con le altre ecc.
[post_title] => Uso dei pronomi reciproci l'uno e l'altro
[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, si dice "Mario e Maria si amano l'un l'altro" o "Mario e Maria si amano l'un l'altra"? E cosa succederebbe se il nome femminile venisse prima di quello maschile? Proviamo a rispondere a queste domande.
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Intercultura blog,
i verbi modali possiedono alcune caratteristiche che li accomunano tra loro e li differenziano dagli altri verbi. Vediamo insieme quali sono.
Buona lettura!
Prof. Anna
I verbi modali (o servili) sono
volere, potere, dovere e anche
sapere e
solere quando significano
essere capace di,
essere in grado di.
CARATTERISTICHE
Le caratteristiche che li accomunano sono:
- essere seguiti direttamente (cioè senza una preposizione) da un verbo all'infinito: posso venire, voglio studiare, devo riposare;
- l'identità di soggetto tra il verbo modale e l'infinito, cioè il soggetto del verbo modale è lo stesso dell'infinito che lo segue;
- la possibilità di collocare i pronomi atoni (mi, ti, lo, la, gli, le, si, ci, vi, li, le, gli) e le particelle ci e ne o prima del verbo servile (ti devo dire, ne voglio parlare) o dopo l'infinito (devo dirti, voglio parlarne).
SIGNIFICATO
I verbi
dovere e
potere possono avere diverse sfumature di significato.
Il verbo
potere può:
- presentare i fatti come possibili col significato di avere la possibilità di, essere capace di, essere in grado di: ti risponderei se potessi (= se fossi capace di) leggere nel futuro;
- indicare un permesso col significato di avere il diritto di, essere autorizzato a fare qualcosa: se non hai finito di fare i compiti, non puoi ( = non sei autorizzato a) uscire.
Il verbo
dovere può:
- presentare i fatti come probabili (è possibile, è probabile) e quindi assegnare all'infinito un significato di forte probabilità: "Che ore sono?" "Devono essere ( = quasi certamente sono) le sette". Il maggior o minor gradi di certezza può essere indicato dal modo verbale, può essere l'indicativo: "Hanno suonato alla porta" "Devono essere gli ospiti" (forte probabilità); o il condizionale: "Dovrebbero essere gli ospiti" (buona possibilità);
- indicare un obbligo o una necessità e quindi significare avere l'obbligo di, avere bisogno di: dovete ( = avete l'obbligo di) rispettare la legge; i bambini piccoli devono ( = hanno bisogno di) dormire molto;
- avere valore di futuro: Marta deve compiere ( = compirà) quindici anni il prossimo novembre.
Il verbo
sapere:
- ha un valore modale quando è seguito direttamente da un infinito e indica la capacità o la particolare abilità di compiere l'azione espressa dall'infinito stesso ( = essere capace di): non so nuotare; sa giocare bene a scacchi;
- quando invece è seguito da di + infinito significa conoscere, riconoscere: so ( = riconosco) di avere sbagliato.
IMPERATIVO
Per i verbi
volere e
potere il congiuntivo sostituisce anche la seconda persona singolare e plurale dell’imperativo.
Per la seconda persona plurale si usano le forme regolari:
per il verbo
potere per la seconda persona singolare si usa la forma regolare:
per il verbo
volere si usa un'antica forma
ormai scorretta come forma del congiuntivo e di fatto specializzata come forma dell’imperativo:
Altri articoli su questo argomento pubblicati sul blog sono:
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2010/04/22/i-verbi-modali/
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2013/01/10/la-scelta-dellausiliare-con-i-verbi-modali/
[post_title] => Approfondimento sui verbi modali
[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, i verbi modali possiedono alcune caratteristiche che li accomunano tra loro e li differenziano dagli altri verbi. Vediamo insieme quali sono.
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Intercultura blog, bentrovati! In questi giorni si è parlato molto di scuola, che anche quest'anno, nonostante tutto, è iniziata.
La nomenclatura relativa al mondo della scuola è molto ricca ma a volte un po' complicata. Esploriamola insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
Quest'anno il rientro a scuola non è stato semplice, per garantire la sicurezza degli studenti e del personale si sono dovute mettere a punto nuove strategie per gestire gli spazi, quindi nuove postazioni, nuovi orari, nuove regole di convivenza.
Per questo motivo la scuola è stata al centro dell'attenzione dei principali mezzi di comunicazione come non accadeva da tempo.
A volte però non è facile comprendere il lessico specialistico legato al mondo della scuola, ad esempio cos'è un
plesso scolastico? E cosa si intende per
personale A.T.A.?
Esploriamo insieme questo vasto universo lessicale, procedendo per ambiti (tipi di scuola; organizzazione della scuola; persone; attività scolastiche e servizi).
TIPI DI SCUOLA
La scuola può essere:
•
pubblica → è la scuola gestita, finanziata e organizzata a livello statale o locale dalla pubblica amministrazione;
•
privata →
denominazione generica della scuola non pubblica, specialmente quella gestita da un ente privato ma non abilitata a rilasciare titoli legali;
•
pareggiata, parificata, paritaria → gestita da un ente privato che rilascia titoli legalmente riconosciuti;
•
a tempo pieno → prevede cinque giorni settimanali di scuola, la mensa tutti i giorni, la permanenza nel pomeriggio a scuola e l'assenza di compiti a casa durante la settimana;
•
modulare, a modulo → prevede cinque giorni settimanali di scuola, la mensa uno o due giorni a settimana, la permanenza a scuola in quei giorni fino alle 16 circa, i compiti a casa tranne nei pomeriggi in cui si resta a scuola;
•
serale → quella frequentata da chi lavora durante il giorno.
Per quanto riguarda l'organizzazione dei gradi della scuola in Italia (primaria, secondaria ecc.) vi rimando a questo articolo:
https://int-aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2011/09/08/la-scuola-in-italia/
ORGANIZZAZIONE DELLA SCUOLA
Ecco alcune parole ed espressioni relative all'organizzazione interna della scuola:
•
MIUR → Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
•
circolo didattico → l'insieme di sedi scolastiche di uno stesso territorio comprendente la Scuola dell’Infanzia e la Scuola Primaria;
•
istituto comprensivo → l'insieme di sedi scolastiche di uno stesso territorio comprendente la Scuola dell’Infanzia, la Scuola Primaria e Scuola Secondaria di 1° grado (a differenza del circolo didattico);
•
plesso scolastico → qualsiasi istituto scolastico, di insegnamento primario o secondario, con sede propria;
•
collegio docenti → l’insieme degli insegnanti appartenenti al circolo didattico, riuniti dal dirigente scolastico per proporre e decidere quanto necessario al buon funzionamento della scuola;
•
direzione didattica → centro dell’organizzazione dell’attività del circolo, di cui è responsabile il dirigente scolastico;
•
consiglio di classe o di interclasse → l’insieme dei genitori eletti quali rappresentanti di classe e degli insegnanti delle classi, riuniti per esaminare proposte, fornire indicazioni e riferire sulle attività delle classi.
PERSONE
•
dirigente scolastico o preside → è un dirigente della pubblica amministrazione che si occupa di gestire, amministrare e coordinare le attività che si svolgono all'interno della scuola;
•
insegnante di ruolo → insegnante che ricopre nella pubblica amministrazione un posto fisso, ottenuto in seguito a concorso o al raggiungimento del punteggio necessario;
•
insegnante precario → insegnante non di ruolo (a cui non è stata assegnata una cattedra) egualmente preparato sul piano professionale;
•
insegnante supplente → detto di insegnante che ne sostituisce temporaneamente un altro impedito a esercitare le proprie funzioni;
•
personale A.T.A. → (personale Amministrativo Tecnico Ausiliario) è costituito dal personale di segreteria (direttore amministrativo e collaboratori amministrativi) e dal personale scolastico presente nelle sedi, con mansioni di pulizia dei locali, assistenza, vigilanza;
•
rappresentante di classe → ha la funzione di rappresentare i genitori e viene eletto dai genitori della classe.
ATTIVITÀ e SERVIZI
•
programmazione didattica → progetto organico che definisce gli obiettivi finali, intermedi e immediati dell'azione didattica e procede a costanti verifiche dei risultati conseguiti;
•
programma → piano di lavoro e di studi da realizzare entro un certo periodo scolastico;
•
pre-scuola →
nella scuola dell'obbligo, servizio di assistenza agli alunni che per motivi famigliari hanno la necessità di entrare a scuola prima dell'inizio delle lezioni;
•
post-scuola → nella scuola dell'obbligo, servizio di assistenza agli alunni che per motivi famigliari hanno la necessità di rimanere a scuola dopo la fine delle lezioni;
•
refezione → pasto di mezzogiorno.
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Intercultura blog, si può dire
le genti? E
i latti? Esiste il singolare
la forbice? Scopriamolo insieme in questo articolo.
Buona lettura!
Prof. Anna
Alcuni nomi sono detti difettivi (cioè mancanti) del plurale o del singolare e di conseguenza si usano quasi esclusivamente nella forma singolare o in quella plurale. I motivi di queste restrizioni vanno ricercati volta per volta nel significato delle parole, nelle caratteristiche dell'oggetto cui il nome si riferisce, nel contesto d'uso e così via.
NOMI DIFETTIVI DI PLURALE
Si usano di solito solo al singolare:
- i nomi che si riferiscono a oggetti o entità unici in natura: l'equatore, l'est, l'ovest, l'universo (anche se è possibile usare il plurale universi: la teoria degli universi paralleli o usato in senso metaforico: studiare filosofia mi ha aperto nuovi universi) ecc.;
- la maggior parte dei nomi di malattia: il tifo, il colera, la malaria, il morbillo, la rosolia, il vaiolo ecc.;
- i nomi degli elementi fisici e dei metalli: l'alluminio, l'argento, il ferro, l'oro, l'ossigeno, lo zolfo, il mercurio, il bronzo ecc.;
- i nomi dei mesi: gennaio, febbraio, marzo ecc.
- alcuni nomi di festività: il Natale, la Pasqua, il Ramadan;
- i nomi collettivi (nomi che si riferiscono a gruppi di cose o esseri animati percepiti come entità uniche; questi nomi richiedono infatti l'accordo al singolare con un eventuale predicato): la gente, la prole, il fogliame, la roba ecc.;
- nomi non numerabili (che indicano cioè entità al cui interno non si possono individuare i singoli componenti): il sangue, il cemento; molti di questi si riferiscono a prodotti alimentari: il grano, il latte, il riso, l'orzo, il miele, il pane, la carne. il pepe, il sale, il vino, il cioccolato, l'acqua ecc.;
- in generale i nomi astratti: l'amore, il coraggio, la pietà, l'onore, la pazienza ecc.
L'uso di alcuni di questi nomi difettivi come plurali può determinare un cambio di significato:
- il nome gente si adopera al plurale genti nel senso di popoli, popolazioni: la storia delle antiche genti italiche;
- alcuni nomi di metalli, usati al plurale, cambiano significato e designano oggetti fatti con quel materiale, cioè oggetti lavorati in oro o argento o bronzo ecc.: gli ori (= i gioielli d'oro) egiziani, i bronzi (= statue in bronzo) di Riace, gli ottoni (= strumenti musicali) dell'orchestra, gli argenti (= gli oggetti in argento) della famiglia, il plurale ferri significa attrezzi, utensili: i ferri del mestiere;
- alcuni nomi di alimenti diventano plurali quando ci si riferisce a un tipo particolare di prodotto: i mieli di montagna, i latti vegetali, le carni rosse, i vini francesi ecc.;
- i nomi astratti possono assumere al plurale indicano un genere specifico (come per i nomi di alimenti): gli amori giovanili;
- il nome aria può essere usato al plurale nel significato musicale (pezzo per voce e orchestra ): il tenore ha cantato due arie pucciniane; si usa inoltre al plurale nella locuzione figurata darsi delle arie (darsi importanza): non la sopporto perché si dà un sacco di arie;
- il plurale fiati (singolare fiato) indica gli strumenti a fiato (gli strumenti musicali in cui il suono è prodotto dalle vibrazioni di una colonna d’aria eccitata dal soffio del suonatore come tromba, flauto, clarinetto ecc.).
NOMI DIFETTIVI DI SINGOLARE
Si usano di solito solo al plurale:
- i nomi che indicano oggetti formati da due parti uguali: le forbici, le cesoie, gli occhiali, le manette, le redini, le pinze, le bretelle, le mutande, i calzoni (o i pantaloni);
- i nomi che indicano una pluralità di cose o di azioni: le spezie, le stoviglie, le vettovaglie, i viveri, le viscere (o i visceri), i dintorni, le vicinanze;
- alcuni nomi di origine dotta, che già in latino non avevano il singolare: le ferie, le calende, le idi, le nozze, i fasti, le esequie, le tenebre, i posteri, i penati;
- è solo plurale, o dovrebbe esserlo nel suo uso più corretto, anche le assise che significa assemblea di alte personalità.
Anche in questo caso molti nomi difettivi presentano anche la forma mancante, con varie sfumature di significato:
- i nomi che indicano vestiti o oggetti dell’abbigliamento (pantaloni, calzoni, occhiali) spesso sono usati al singolare per riferirsi a un singolo paio, un singolo modello: preferisco un pantalone sportivo, quell'occhiale ti sta proprio bene. Nel parlato e nello scritto di livello colloquiale oggi è diffuso (di solito con uso ironico) anche il singolare mutanda. Il singolare bretella indica il raccordo, il collegamento fra due strade di grande comunicazione o fra due autostrade: la bretella autostradale;
- il singolare forbice si usa con il significato figurato di distanza, differenza, scarto: andamento a forbice o la forbice (= andamento di due fenomeni, specialmente economici, che divergono vistosamente l'uno rispetto all'altro nel loro andamento quantitativo: la forbice dei prezzi, tra quelli all'ingrosso e quelli al minuto).
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